Il retail cambia, nella forma, nella funzione, nei servizi. Si tratta di evoluzione, bisogna adeguarsi per non diventare obsoleti

Liliana Paduano Beautyque, design Studio Apostoli

Che il mondo del retail sia in fase di evoluzione non è cosa di questi giorni. Già anni fa parlavamo di come il negozio stava cambiando, di come la stessa immagine del punto vendita dovesse adattarsi a nuove formule e metodi di esposizione, privilegiando l’aspetto esperienziale, il branding.
Le nuove tecnologie hanno chiaramente dato impulso sempre maggiore a questo cambiamento, e le nuove generazioni, generazione Z in particolare, rappresenta il futuro dell’acquisto. I nati dopo il 2000 crescono oggi con il cellulare in mano, sono abituati a una visione virtuale del mondo che li circonda, sono più inclini all’uso di tecnologia che per noi anta sono spesso di difficile comprensione. E il mondo retail sta orientando le proprie scelte verso questo nuovo target di pubblico, i millenials ora, la generazione Z tra qualche anno.
Ma nella pratica, cosa cambia?
Lasciamo da parte tutte le riflessioni legate a metodi di pagamento, acquisto virtuale o fisico, integrazione di tecnologie di riconoscimento e profilazione (che meritano un discorso a parte), e proviamo ad analizzare come cambia lo spazio fisico del punto vendita, i suoi contenuti, il suo modo di comunicare.
Già diversi anni fa il termine phygital aveva iniziato a definire i nuovi spazi retail: un mix di esperienza fisica e digitale, integrati e senza un netto limite che li distingue. Quindi lo spazio, le pareti e gli scaffali, iniziano a integrare tecnologie digitali, che servono per la sicurezza (etichette e RFID integrato nel packaging per evitare i furti, ma anche per la tracciabilità del prodotto e offrire informazioni al consumatore), per la comunicazione (basta cartellini con il prezzo ma display che danno anche informazioni sul prodotto), monitor e ledwall (che offrono una visione rafforzata del brand, si adattano al consumatore che hanno di fronte, intrattengono e comunicano), ma alla base rimangono sempre i classici espositori, gli scaffali, il prodotto. Magari, come in alcuni casi, si espone un oggetto e le sue varianti e colorazioni le vedo sul display a fianco, ma comunque il prodotto è li, da toccare, da sentire. È infatti questa la chiave: creo un ambiente accattivante, piacevole, dove magari socializzare o passare del tempo senza necessariamente fare acquisti, ma di base dove il prodotto è li, a disposizione, magari da provare.

Flaghship Versace, design VudaferiSaverinoPartners

Non molto tempo fa, durante uno dei seminari dedicati al retail organizzati a Decor Lab Milano, si è proprio analizzato questo concetto, andando a sfatare un mito che circola soprattutto nell’ambiente degli stampatori digitali: il mio prodotto, il mio servizio di decorazione con pellicole o altri materiali, viene sostituito da monitor e proiettori, “vengono a puciare il biscotto nella mia tazza di caffèlatte” (cit. Claudio Rocca). Si, in parte è vero, molte tecnologie multimediali entrano con forza all’interno del punto vendita, ma devono essere considerate integrazioni, qualcosa che dovremo sempre più considerare in un progetto di allestimento, ma che proprio per questo può essere una nuova leva da proporre a clienti e progettisti. Io stampatore ho le conoscenze tecniche, la capacità di sopperire a ogni richiesta per quanto riguarda stampa, decorazione, installazione di prodotti (per esposizioni temporanee o meno), perché dunque non offrire anche questa parte multimediale, non essere referente anche per un’installazione interattiva, offrendo quindi un pacchetto completo? Certo, la risposta più ovvia è “devo attrezzarmi, devo prendere nuove figure che non ho in azienda, mi costa troppo”. Costa? Deve essere un investimento, deve essere uno sviluppo per l’imprenditore e l’azienda, esattamente come trent’anni fa il serigrafo o il tipografo hanno dovuto evolvere in qualcosa di diverso, in linea con la domanda del mercato, introducendo tecnologie digitali di stampa prima, di grande formato dopo, di stampa 3D ora. Il mercato evolve seguendo un trend che non si può fermare, e non stare al passo con questa evoluzione può portare a diventare obsoleti, poco competitivi, e dunque destinati a chiudere.
Lo scorso anno, a luglio, abbiamo organizzato Visioni.beyond print!, un evento unico nel suo genere, che voleva proprio interrogarsi su quali nuove possibilità di business si stessero aprendo per gli stampatori e gli operatori del digitale. Tante idee, tante esperienze dirette raccontate da chi ha già intrapreso questa strada, e guarda caso la maggior parte legate al mondo del retail e della decorazione.
Accennavamo prima della generazione Z. Sono il cliente del futuro, un cliente abituato a comprare su Amazon, online, e dunque sulla carta poco predisposti a frequentare il punto vendita. Il punto vendita classico, certamente. Ma i nuovi store, soprattutto di brand legati ai giovani, hanno subito adattato le proprie aree in qualcosa di diverso, di esperienziale, di ibrido, dove trascorrere il tempo sorseggiando una bibita o mangiando qualcosa, dove intrattenersi e socializzare, e vivere un’esperienza. Magari il prodotto lo acquisto lo stesso su Amazon, ma frequento il punto vendita perché mi piace, perché posso provare il prodotto, e dunque il brand ottiene un effetto di fidelizzazione che ai tempi delle nostre mamme si otteneva con i bollini del catalogo premi.
Ultima riflessione. Chi come me ha superato gli anta ha visto la crescita dei grandi centri commerciali, diventando le nuove piazze dove trovarsi, passare un pomeriggio e magare fare anche la spesa. Oggi questa funzione è sottolineata sempre di più dal fatto che in ogni centro commerciale trovo ristorazione per tutti i gusti, cinema e spazi per esibizioni e spettacoli, servizi medici e tutto quanto ci serve. Negli anni 80 e 90 i centri commerciali erano visti come il grande nemico dai piccoli negozianti di paese, e molti di loro sono stati sopraffatti da una lotta impari. Molti altri, però, hanno resistito, si sono reinventati, proponendo quel contatto, quella cura al cliente che nel centro commerciale difficilmente trovo, e oggi sono portavoce di una artigianalità e originalità che li premia. Un po’ lo stesso che sta succedendo allo stampatore, che si vede minacciato dal digitale. Cresciamo assieme al nostro mercato, e potremo offrire un qualcosa che altrimenti andrebbe perduto, competenza, qualità e servizio.
Bello poter acquistare un libro seduto sul proprio divano, ma girare tra gli scaffali di una libreria è ancora un’esperienza che appaga non solo una necessità, ma ci rende felici. Che sia un libro, un telefono o un paio di scarpe poco conta, l’importante è garantire al nostro cliente la possibilità di fruire di negozi sempre belli e accattivanti, e in questo le due facce del digitale (stampa e multimedia) devono ancora interagire e colloquiare.

GC/ki6

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