Nemici o alleati? Per noi rimane comunque una nuova possibilità, da esplorare, capire e quindi sfruttare per dare un valore aggiunto all’attività di stampatori, allestitori e operatori della comunicazione

Non è certamente un argomento nuovo. Da anni si discute di come il digitale, inteso come multimedia (video, Led, monitor, etc), sia il “nemico” numero 1 di chi stampa per professione. La riflessione che spesso raccogliamo intervistando gli operatori o partecipando a eventi e fiere, è che il monitor andrà a sostituire la decorazione stampata, perché più veloce (cambio il contenuto in tempo zero), più emozionante, più interattiva. E quindi diventa un nemico, un pericolo da combattere e spesso a cui ci si arrende in modo passivo.
Personalmente non credo che sia questa la verità, e ritendo che le ultime tendenze del mondo retail supportino questa tesi. Ma vediamo con calma alcuni elementi.

Un ambiente esclusivo, con l’arte di Gio Bressana protagonista, bellissimo esempio di stampa digitale
decorativa di Inkiostro Bianco

UN MERCATO CHE CAMBIA

Un primo punto di analisi è costituito chiaramente dai trend di mercato. Se parliamo di stampa digitale il riferimento principale è quello del retail e della visual communication, perché è in questi settori che gli operatori della stampa hanno potuto negli anni proporre il meglio della tecnologia e del loro know-how.
Che il digitale (e da qui in avanti quando ci riferiamo a digitale intendiamo il multimedia, l’elettronica di immagini e suoni) abbia avuto un forte impulso in questi ultimi anni è indubbio. Lo vediamo nei grandi flagship dei brand più importanti di diversi settori, lo vediamo sempre più presente nei musei, nelle esposizioni e anche nelle fiere. Un monitor, grande o grandissimo (videowall), risolve molti problemi: lo installo, lo collego alla rete, e posso gestire i contenuti senza dover mandare applicatori, dover fare opere di ripristino o di sostituzione, e l’impatto sul pubblico è certamente molto importante. Questa è la verità, ma non è tutta la verità. Chi gira per le grandi città, come ad esempio Milano, vede una sovrabbondanza di questi grandi schermi, non solo nei negozi o negli spazi espositivi, ma anche lungo le strade, in sostituzione spesso alle grandi affissioni pubblicitarie. Una sovrabbondanza di input che arrivano al nostro cervello, e come era capitato tempo fa per le troppe affissioni sulle strade, neanche ci faccio più caso. Se i messaggi sono troppi, il cervello non li coglie, non li elabora in modo razionale, e dunque il rischio è che venga vanificato l’investimento. Per questo ora l’attenzione si sta spostando verso tecnologie diverse, che siano realtà aumentata o proiezione olografica, tecnologie in grado di creare un effetto sorpresa o rendere protagonista il fruitore in prima persona, potendo interagire con l’immagine e dunque catturandone l’attenzione. Per fare ciò, però, servono i contenuti adatti, e spesso grandi investimenti, lasciando quindi questo tipo di comunicazione nelle mani di poche grandi strutture e brand.

Spettacolare e di forte impatto visivo questa applicazione della tecnologia LED di LG. Un effetto che la stampa
non potrebbe dare, ma potrebbe comunque integrare e arricchire

Ma anche per la stampa, agli inizi, la strada è stata questa. Alcune aziende pioniere hanno investito, creato qualcosa di diverso, e nel tempo complice l’abbassamento dei costi e la maggiore disponibilità di materiali e tecnologie, questa possibilità è stata colta da un pubblico sempre più ampio, e su settori nuovi. Un processo che ancora oggi è in corso, ma di questo parliamo dopo.
Dicevamo del mercato. L’uso della tecnologia all’interno del retail è ormai consuetudine, almeno per una fascia medio medio-alta di strutture (la piccola bottega di paese non ne fa uso, ma spesso neanche della stampa digitale…). Il monitor, collegato o meno a sensori di prossimità, attiva dei contenuti video e audio che servono a catturare l’attenzione del possibile cliente, lo guida tramite algoritmi e software di analisi verso il prodotto più adatto, crea dunque un’esperienza. Che si tratti di una boutique di moda, o del supermercato alimentare, la tecnologia è strumento, valore aggiunto, ma da sola non funziona, Serve un contesto di pregio, un’immagine che sia legata al brand o al target a cui ci si rivolge, e questo avviene ancora in modo “analogico”, con un mix di progettualità, comunicazione, design.
O almeno questo è quello che emerge dagli ultimi rilevamenti nel settore retail, dove di evidenzia anche un ruolo sempre più importante dell’automazione dell’esperienza, dove lo spazio fisico è contesto dove vedere, toccare con mano, immergersi in un mood, e magari poi l’acquisto farla comodamente a casa o tramite smartphone. Questo è il vero punto di svolta dell’introduzione digitale, ampliare al massimo per l’utente/cliente le possibilità di comprare, perché se cambia il settore è perché stanno cambiando le abitudini dei clienti, e questo significa comprendere e adattarsi. Siamo nell’era del digitale, tutte le nostre vite sono racchiuse in uno smartphone, che usiamo per fare di tutto, acquisti, svago, intrattenimento, social, e a volte addirittura telefonare.
Se questa è la nuova generazione, abituata a trovare in rete quello di cui ha bisogno o voglia, e sempre più spesso a utilizzare una applicazione per comprare, anche lo spazio fisico deve diventare un’estensione di questo processo, e in questo senso il digitale aiuta sicuramente. Ma aiuta raccontare un’esperienza, creare uno scenario intrigante e allineato al mood del brand, e in questo la stampa è ancora strumento perfetto e in parte ancora da scoprire.
Facciamo un esempio. Negozio di un importante catena di calzature sportive. Se prima all’interno del punto vendita c’erano scaffali ricolmi di modelli, varianti colore, e spesso uno staff annoiato che ti aspetta in cassa, oggi nel negozio troviamo pochissimi esemplari esposti, magari in mezzo a grandi stampe con i campioni dello sport testimonial del marchio, con i video che li mostrano in azione, da vedere magari seduti in una lounge o in un bar. Vivo un’esperienza, tocco con mano la reliquia che desidero, e magari mentre sono in negozio la ordino on line…
Amazon, giusto per citare un nome conosciuto da tutti, negli ultimi anni ha aperto diverse tipologie di punti vendita, completamente automatizzati, dove vado per vedere dal vivo un prodotto, capirne il materiale, ma dove di fatto non posso comprare fisicamente il prodotto o, in alcuni casi, lo ritiro. Ma l’acquisto, il pagamento e la scelta avvengono sempre su applicazione o su web.

NEMICI O AMICI?

La stanza di un gamer professionista (progetto Fabio Novembre), tecnologia ai massimi livelli, ma in un mix di
forte impatto visivo dove si gioca sulla decorazione e la personalizzazione

Alla luce di questa analisi, possiamo rispondere alla domanda iniziale. Il digitale è un pericolo per lo stampatore? In linea di massima no, a condizione che lo stampatore sia in grado di coglierne i vantaggi e proporlo come integrazione a una decorazione più ampia e completa. Un po’ come il lightbox. Alla fine si tratta di una stampa, fatta magari su un materiale diverso, ma con una costruzione diversa concettualmente e con il valore aggiunto della luce. Alcuni stampatori hanno perso metri per questi prodotti, perché hanno continuato a proporre solo i prodotti che lo facevano sentire nella confort zone; altri hanno analizzato, ricercato la tecnologia o il modo di impiegare al meglio quella che già possedevano, e oltre alla stampa del telo possono vendere anche la parte di struttura e di illuminazione. Da un problema è nata un’opportunità.
Sul digitale possiamo fare lo stesso ragionamento. Un monitor, un led wall o altri sistemi di proiezione video svolgono una funzione di richiamo e di comunicazione sicuramente importante, soprattutto come dicevamo nel mondo del retail e delle esposizioni, ma da soli non fanno il punto vendita. Attorno a loro ci sarà sempre necessità di avere una decorazione, un elemento brandizzante, e la stampa digitale si presta perfettamente a questo tipo di applicazione. E se fosse lo stampatore stesso a proporre l’integrazione di un modulo video? E se fosse lui, mettendo a frutto le sue competenze grafiche, creative e tecniche, a proporre la realizzazione di contenuti, o la gestione degli stessi per coordinarla ai rinnovi e cambi di immagine? Questa è una possibilità, ed è concreta. Certo, richiede un minimo di studio, l’acquisizione di nuove competenze, ma questo vale un po’ per tutto.
Forse è necessario a ripensare al digitale come una possibilità e non come un avversario, comprendendo come poterlo integrare nella propria offerta e quindi come poter offrire qualcosa di più, di diverso, differenziandosi dalla concorrenza e trovando forse anche nuove nicchie e nuovi mercati.

NUOVE PROSPETTIVE PER CRESCERE

Un prestigioso resort, dove la stampa digitale è protagonista, e dove il multimedia può entrare per dare maggiore risalto all’immagine, ma non in sostituzione (progetto Spagnulo & Partners)

Ma se il digitale “ruba” fasce di mercato, cosa fare? Lo scorso luglio con VISIONI. Beyond print! abbiamo tentato di capire quali prospettive di crescita ci sono oggi per lo stampatore moderno, che si tratti di specialista o di service. L’evento era basato proprio su testimonianze dirette di operatori che hanno ricercato nuove strade di business, aggiungendo un piccolo o grande pilastro alla propria azienda.
Non stiamo qui a raccontare di cosa di è parlato durante i tre giorni di evento (tutti gli interventi sono disponibili sul sito www.style-different.it), ma possiamo trarre alcune considerazioni di massima. Digitale a parte, anche il Covid e la conseguente crisi ha dato un segnale molto chiaro di come il settore sia strutturalmente fragile, soprattutto se legato al mondo delle esposizioni e del retail. Molte aziende hanno visto crollare i fatturati, bloccare ordini o annullarli, e anche la ripresa di questi ultimi mesi ha mostrato che alcune cose stanno cambiando e dunque serve un ripensamento di alcune strategie. Dicevamo all’inizio che la stampa digitale oggi è largamente diffusa, conosciuta e utilizzata nel mondo del retail e della comunicazione visiva, ma in altri settori è ancora poco utilizzata e veramente compresa. Ne sono un esempio il mondo dell’interior decoration, o della nautica, il contract o la stessa fashion, anche se in questo caso molti passi avanti si sono compiuti negli ultimi anni. A parte casi particolari, le tecnologie e le conoscenze in mano ai nostri stampatori sono in grado di offrire una apertura verso questi mercati. Certo serve analisi, comprensione di come e di cosa proporre, spesso diventare padroni di un nuovo linguaggio e di nuove professionalità, ma in linea di principio le prospettive sono interessanti. Ci sono casi esemplari in questo senso. Aziende che si sono votate alle carte da parati digitali, diventando specialisti in tale prodotto e mettendo creatività e attenzione alle tendenze ottenendo ottimi risultati e soprattutto considerazione da parte di un pubblico nuovo, diverso, composto da progettisti e clienti finali. Altre aziende hanno sviluppato la parte tessile, diventando specialisti e servendo il mondo della moda e degli accessori. Altri hanno iniziato a sperimentare, cercare nuove applicazioni, trovando interesse da parte del mondo dell’industria e del design, alla ricerca della possibilità di personalizzare senza andare ad alterare le proprietà e le caratteristiche dei materiali.

Lo stand di Kale a Cersaie, progetto Paolo Cesaretti, in cui si combinano design, stampa e tecnologia
multimediale


In altri casi ancora si è andati in una direzione di ampliamento proponendo soluzioni complete, i famigerati prodotti finiti che per i nostri stampatori e service di stampa non sono esattamente il punto forte, cogliendo le opportunità offerte dalle piattaforme di vendita online e, in questo periodo in particolare, offrendo soluzioni per far fronte all’emergenza pandemica e ai dispositivi di protezione. Purtroppo questo periodo sembra lontano nel vedere la conclusione, ma in prospettiva questa esperienza potrebbe portare a un nuovo adattamento e quindi proposta di prodotti semplici e di utilizzo quotidiano. Probabilmente tra qualche anno le mascherine diventeranno un ricordo, ma le divisorie, i materiali facilmente igienizzabili e i sistemi di controllo degli accessi saranno comunque un elemento che sarà ancora presente in locali pubblici, ristoranti, manifestazioni espositive o anche tra le mura domestiche, dove lo smart working ha dimostrato che c’è un nuovo sistema di gestione del lavoro che potrebbe prolungarsi anche dopo l’emergenza, e questo porta anche al ripensamento degli ambienti domestici, con la necessità di avere posti tranquilli e funzionali, personali e decorati.

Gc/ki6

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