Quante volte consideriamo uno strumento come non necessario o troppo costoso per quello che rende. Abbiamo fatto alcune considerazioni

Molto spesso l’importanza di un macchinario viene intesa in stretto legame alla produttività. Ma cos’è la produttività? Una stampante viene individuata come strumento produttivo perchè ‘butta’ fuori i metri quadri stampati. Ed è quello che infine viene fatturato al cliente e permette il diretto confronto tra produttività e redditività. Diversa è la percezione di attrezzi e macchinari di supporto. E nel nostro caso parliamo di laminatrici perchè non hanno una ‘vera produttività’ in termini di metri quadri, ma hanno una redditività indiretta e importantissima perchè ottimizzano uno step lavorativo spesso in modo incisivo. La laminazione manuale richiede il coinvolgimento di due o tre persone, dipende dal formato da lavorare, per un arco di tempo prolungato, oltre al fatto che la lavorazione manuale spesso esige l’applicazione tramite la tecnica bagnata che prolunga i tempi di asciugatura. Una laminatrice invece svolge il lavoro con una sola persona sia per il carico e scarico che per l’applicazione del materiale di laminazione. Dipende ovviamente tutto dai metri quadri che bisogna laminare nel corso del mese. Se si tratta di qualche metro quadro il discorso cade. Se però il lavoro è continuativo, ma a detta dei tecnici già con qualche lastra alla settimana, un investimento in una laminatrice può essere ammortizzato nel giro di breve tempo. A parte il fatto che una laminatrice è un’apparecchiatura che dura quasi un’eternità! Una laminatrice a letto piano entry level ha un costo a partire da 4.000 Euro e può arrivare, per le versioni più accessoriate, fino a 20.000 Euro (sulle prossime pagine vi presentiamo pure un kit laminatore che essendo ancora da assemblare riduce parecchio la soglia di investimento). Il prezzo dipende dalle dimensioni del tavolo, se con o senza piano retroilluminato, dalla qualità dei rulli e le funzionalità di adattamento agli spessori, oltre alla regolazione della pressione e non per ultimo – l’ultima evoluzione – se manuale o motorizzato. Ma in tutto e per tutto una laminatrice è una tecnologia relativamente semplice sia dal punto di vista tecnologico sia dal punto di vista di utilizzo.

Le differenze

A un primo sguardo tra le varie laminatrici proposte sul mercato non risultano grandi differenze: tutte hanno un piano lavoro più o meno grande e tutte hanno i rulli laminatori che si spostano da un lato del tavolo verso l’altro riscaldati o non. Dopo uno sguardo più attento però ci si accorge che alcune hanno una struttura in acciaio, altre in alluminio. Alcune sono monoblocco e fisse nella loro struttura, altre si possono ampliare anche in un secondo momento per riuscire ad adattarsi a nuove esigenze aziendali. Le componenti che si dovrebbero valutare bene e che sono fondamentalmente le differenze tra l’uno e l’altro apparecchio potrebbero essere la qualità della taglierina, l’illuminazione a LED per la retroilluminazione e la qualità dei rulli. Una delle funzionalità interessanti è anche il livellamento in altezza del piano di lavoro venendo incontro a diverse esigenze. Il tavolo di lavoro può essere di vetro, di alluminio o di MDF e può offrire uno spazio supplementare di appoggio per strumenti di lavoro ed altro. Ovviamente queste valutazioni vanno di pari passo con le vere esigenze aziendali. Bisogna valutare le dimensioni massime da lavorare sia in lunghezza che in larghezza. Probabilmente una valutazione che viene presto trovata guardando le dimensioni delle stampanti più utilizzate in azienda. Importante è la valutazione degli spessori dei supporti più utilizzati e che flessibilità deve dare il laminatore per adattarsi alle caratteristiche del materiale. Importante anche porsi la domanda se serve poter lavorare in trasparenza o se è un optional non primario.

I brevetti

Si tratta di una tecnologia relativamente semplice e, guardando i singoli produttori, sembra copiata l’una dall’altra. Apparentemente sembrano uguali ma si differenziano per piccoli particolari invisibili che però hanno permesso ai diversi (pochi) produttori la permanenza sul mercato. Va da sé che questi brevetti e le varie cause per difenderli si ripercuotono sul prezzo della tecnologia stessa.

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