Cambia la casa moderna, ma soprattutto cambiano mode e modi di utilizzo: ecco l‘analisi della ricerca LivingScapes promossa dal Salone del Mobile. Milano Trend Lab
Gli stili di vita e di consumo collaborativi che si sono affermati a livello globale in questi ultimi anni rappresentano una vera e propria rivoluzione antropologica. In questo mutato contesto la casa ha, in modo quasi “naturale”, assunto un ruolo centrale, assorbendo e traducendo, tra le sue mura, il nuovo paradigma della condivisione.
Lo spazio domestico, da spazio privato, è diventato sempre più contaminato dall’esterno prestandosi a diventare il setting di nuove forme di socialità nonché di esperienze e pratiche culturali e di consumo “storicamente” prerogativa degli spazi pubblici.
La cultura digitale e i modelli di business emergenti della sharing economy hanno trovato nell’ambiente domestico un luogo privilegiato in cui trasporre fisicamente le proprie istanze: dall’uso condiviso del divano (couchsurfing) al vivere temporaneo in casa d’altri (Airbnb, ecc.), alle cene “sociali” in cui si apre la propria cucina agli “sconosciuti” (social eating).
E la tendenza non sembra arrestarsi. Nightswapping (www.nightswapping.com/it), ad esempio, si propone come modello alternativo a quello di Airbnb, introducendo lo scambio di “notti” al posto della transazione economica. In pratica, le persone possono mettere a disposizione sulla piattaforma una stanza della loro casa o l’intero alloggio in cambio di un equivalente numero di notti in casa altrui.
Tutti questi fenomeni, oltre a rendere i confini tra la dimensione privata e quella pubblica estremamente labili, comportano anche un ripensamento degli spazi stessi in un’ottica di flessibilità e di versatilità. Sia dal punto di vista strettamente fisico che simbolico, quindi, la casa si sta trasformando in un “ipermondo” sempre più stratificato che si presta a diversi livelli di interpretazione sia nel suo vissuto che nella sua “rappresentazione”.
Da questo punto di vista lo spazio domestico assume le caratteristiche di uno spazio in divenire, sempre più inteso come una piattaforma relazionale che, in modo camaleontico, connette i diversi aspetti della vita (personali, sociali, formali, informali, lavorativi, di svago ecc.) che si vanno ibridando in un tempo-flusso dai contorni sempre più sfumati.
Nell’odierno panorama socio-culturale lo spazio abitativo e quello lavorativo, ad esempio, in molti casi coincidono e molti free-lance che lavorano nell’ambito del digitale e della creatività progettano la loro abitazione come un luogo “aperto” in cui, non solo vivere, ma anche lavorare. A questo scopo costruiscono intorno a sé un ambiente che funga anche da “biglietto da visita” fisico, meno informale e impersonale di un ufficio tradizionale, che li qualifichi sia come individui che come professionisti, all’insegna di una diffusa volontà di infondere un “calore” e un’autenticità diversi ai rapporti lavorativi.
La designer russa Anna Herman vive in campagna con la sua famiglia e ha acquistato e ristrutturato un appartamento sulla Stary Arbat di Mosca, non solo per avere un appoggio in città ma soprattutto per coltivare le relazioni con i suoi clienti. Lo spazio dell’abitazione, ricavata in uno storico edificio, è stato pensato per adattarsi al duplice uso, pubblico e privato: l’isola della cucina può facilmente trasformarsi in una scrivania così come ospitare un buffet per una ventina di persone. E l’intero progetto è nato con l’intento di catturare l’immaginazione di clienti e non, attraverso il recupero delle belle strutture preesistenti, gli arredi e le decorazioni dal personalissimo tocco realizzati ad hoc e lo studio attento dell’illuminazione.
Così come l’ufficio, altri aspetti della vita “esterna” entrano nelle mura domestiche: dallo shopping – basti pensare agli swap party in cui le persone aprono i loro armadi e scambiano i capi che non utilizzano più con quelli di qualcun altro – all’attività fisica e all’intrattenimento – i concerti e gli spettacoli teatrali che hanno come palcoscenico la casa – fino alla fruizione dell’arte, con le stanze degli appartamenti che si trasformano in gallerie espositive temporanee. Questo movimento dal fuori al dentro sta avvenendo parallelamente al movimento opposto, che vede i codici estetici e relazionali della domesticità contagiare i luoghi pubblici. Dal retail – dove sempre più negozi e ristoranti ricostruiscono al loro interno un’esperienza accogliente, intima e informale che, a cominciare dall’arredo fino al servizio, vuole fare sentire le persone “come a casa” – ai luoghi stessi di lavoro che si evolvono di pari passo intercettando e interpretando i cambiamenti in atto.
Le aziende della Silicon Valley, insieme ai modelli organizzativi flessibili e “adattivi”, hanno contribuito alla diffusione di un nuovo concetto di ufficio che mette al centro le persone e il loro benessere creando ambienti “fluidi” e senza barriere, con aree dedicate alla meditazione – sia individuale che di gruppo – al riposo, allo sport, allo svago e alla socializzazione, ossia a quelle attività che incidono positivamente su motivazione, creatività, produttività e problem solving.
L’headquarter californiano del fashion e-tailer Everlane è stato ricavato dalla ristrutturazione di un edificio industriale una volta adibito a lavanderia e interpreta fisicamente ed esteticamente i valori di apertura e trasparenza che caratterizzano il modello di business dell’azienda. Lo spazio si snoda tra l’area showroom e quella uffici in modo “liquido”, senza soluzione di continuità, e le tonalità del bianco dominano insieme all’utilizzo di colori tenui, quelli dei cuscini sistemati sui divani che si alternano alle postazioni di lavoro, e del legno che riveste i ripiani delle scrivanie e della grande isola-cucina.
Prendendo in prestito l’atmosfera ariosa e rilassata di un loft, l’ufficio si trasforma in un “nice place to be” caratterizzato da una qualità tutta nuova del tempo che in esso vi si trascorre che impatta sensibilmente sul life-work balance delle persone.
Questo macro-trend genera due interessanti manifestazioni concrete, rappresentate dai micro-trend Shared Experience e Design Multitasking.
1. Shared Experience
Non è un caso che gli spazi abitativi si stiano prestando in modo spontaneo ad ospitare offline le ricadute fisiche delle pratiche generate dall’ecosistema digitale in cui oggi le persone vivono. Il bisogno di condivisione, infatti, che i social media hanno intercettato trova nella casa il suo habitat naturale.
Il diffondersi di queste dinamiche sta infondendo nelle case una pluralità di senso che continua ad arricchirne il vissuto. Le attività prima possibili solo nei luoghi pubblici (il teatro, il cinema, l’hotel, il ristorante ecc.), diventano, tra le mura domestiche, esperienze più “dense” dal punto di vista relazionale e emotivo. Assistere a uno spettacolo o a un concerto in un ambiente “ristretto” dà la possibilità di instaurare un rapporto più intimo con artisti e performer e con lo stesso pubblico e di entrare in contatto diretto con essi – anche e soprattutto grazie ai momenti conviviali che precedono o seguono le esibizioni – all’insegna di una in-sperience, come potremmo definirla, qualitativamente rilevante e distintiva.
Il doppio ruolo di tutela e garanzia del massimo agio e intimità e della contemporanea accoglienza e apertura al mondo esterno degli spazi domestici si gioca, quindi, su nuovi equilibri progettuali capaci di creare interni e arredi dalle proprietà adattive. In questo senso gli ambienti – come la cucina – che meglio si prestano alle attività di socializzazione e all’ibridazione con il “fuori” si evolvono sia dal punto di vista funzionale che estetico così come le nascenti consuetudini e l’attitudine allo sharing ridefiniscono l’organizzazione degli spazi e la user experience di arredi e complementi per rispondere a nuovi gesti e comportamenti.
Quella di Mario e Chiara è una casa privata che, in alcuni giorni dell’anno, si apre al pubblico per ospitare cene e spettacoli teatrali. Galeotti furono un pianoforte e una zuppa di ceci e vongole. È cominciata così l’avventura di HomeMade54, progetto di Mario de Nisi e Chiara Perugini che, nel maggio del 2013, hanno ospitato tra le mura della propria abitazione milanese un concerto di Piano City (manifestazione che porta concerti di pianoforte in giro per la città, nei parchi e nelle case private) offrendo, a spettacolo terminato, un piatto preparato dalla stessa Chiara. Il successo è stato immediato e, da allora, in tre anni, Homemade54 è diventata un’associazione enogastronomica che ogni mese organizza spettacoli teatrali preceduti da un aperitivo e seguiti da un piatto cucinato in loco e ispirato alla rappresentazione artistica.
Tutto ruota attorno alla hidden kitchen di viale Abruzzi 54, dove amici e sconosciuti si ritrovano uniti dal desiderio di trascorrere una serata intima alla scoperta di qualcosa di nuovo e originale.
Parole chiave: in-sperience, spazio pubblico-privato, ibridazione, social eating
Vincitore del New Design Britain Award del 2014, “Share.Food” è una collezione di ceramiche che unisce alla intramontabile convivialità del cibo la più moderna attitudine allo “sharing”. Ciotole, tazze e piatti hanno una base angolare che consente ai commensali di spostarne l’orientamento per condividerne il contenuto.
Progettate dalla designer turca Bilge Nur Saltik, “Share.Food” non ha solo una funzione pratica, ma anche simbolica: crea un delicato gioco di equilibro che rende la ritualità del pasto accogliente, intima e, al tempo stesso, evidenzia la tavola come luogo di generosità, piacere e comunicazione.
Dando una forma ai codici comportamentali del nuovo galateo contemporaneo.
Gli accessori “Share.Food” si presentano con una finitura bianca e lucida, e un feltro rosso alla base che, oltre ad ammorbidirne il movimento, proietta una tenue luce che stimola l’attenzione dei commensali e li invita a condividere: e che non sia solo cibo.
Parole chiave: condivisione, l’oggetto è il gesto, nuovi codici di comunicazione, galateo contemporaneo
Dinanzi all’aumento esponenziale della tecnologia nelle nostre vite, il designer Moritz Putzier si è chiesto cosa sarebbe rimasto di essenziale in una cucina una volta eliminati tutti gli utensili e gli orpelli elettrici. La risposta è il suo “cooking table”, un tavolo da cucina formato da due assi in legno di rovere che possono aprirsi svelando nel mezzo una guida dove è possibile inserire dei fornelli a gas.
Questi possono essere spostati da un lato all’altro del tavolo a seconda del bisogno e integrati con una ciotola di ceramica circolare che funge da isolante termico, il cui coperchio può a sua volta essere usato come tagliere. Al mezzo fra uno sgabello e una panca, accompagnano il tavolo sedute dalla geometria inusuale.
Vincitore di prestigiosi premi, il “cooking table” è, allo stesso tempo, un mobile, un elettrodomestico e uno “spazio sociale”, e fonde in sé le flessibili interazioni fra queste tre funzioni. L’attenzione del progettista, infatti, si sposta dal cibo e dagli accessori al processo e all’esperienza creative dell’atto del cucinare in compagnia, focalizzandosi sul loro ruolo fortemente socializzante.
Parole chiave: cooking experience, shared space, flessibilità, cucina come spazio sociale
Un solaio-amaca, un cubo di sedute modulari spostabili e una scala-libreria: sono questi gli originali elementi a cui lo studio russo Ruetemple ha pensato per dare senso del ritmo, dinamismo e apertura alla stanza di due ragazzi, fratello e sorella. Lo spunto progettuale è la creazione di uno spazio in cui i ragazzi possano studiare e giocare, aperto a diversi usi ricreativi, in cui leggere un libro, guardare la tv ma anche accogliere un gruppo di amici, organizzare una festa e, perché no, alloggiare tutti per la notte, tutto in un’unica stanza che si sviluppa su due livelli. In quello inferiore, un cubo modulare su ruote composto da tre parti può trasformarsi in un divano o un letto. Chiudendo il cubo, si ottiene una camera in miniatura all’intero della stanza mentre, aprendolo, si creano delle sedute, lasciando libero lo spazio centrale. Sempre al livello inferiore, alcuni arredi fissi creano uno spazio di lavoro con scrivania, armadio, mensole e scale, tutte realizzate in un unico materiale, legno chiaro, per dare un senso di continuità e differenziarsi in un colpo d’occhio dall’arredo mobile caratterizzato, al contrario, dal colore scuro.
Nell’area del livello superiore mansardato in cui il soffitto è più basso, il pavimento è stato in parte sostituito da grandi amache sospese nel vuoto che forniscono un piacevole spazio per il relax e la lettura, grazie anche alla luce che arriva dai grandi lucernai, e possono reggere il peso di più persone contemporaneamente. Uno spazio pensato, quindi, per adattarsi a diversi tipi di attività e alla fantasia e alla voglia di socializzazione degli occupanti che possono, in qualunque momento e a seconda del proprio mood, passare dagli spazi open a quelli più privati.
Parole chiave: adattabilità, riconfigurabilità, ambiente liquido e open, stratificazione di forme e funzioni
2. Design Multitasking
Nell’ambito di spazi domestici sempre più cangianti e caratterizzati dalla coesistenza di destinazioni d’uso di diversa natura, assistiamo alla nascita di una nuova generazione di mobili e arredi dall’attitudine multitasking che assolvono, cioè, a più funzioni contemporaneamente o che si adattano imperturbabilmente a contesti diversi, siano essi pubblici o privati, senza perdere in carattere e personalità.
Jasper Morrison ha progettato per Vitra una poltrona e un tavolino che sono una dichiarazione d’intenti: Occasional Chair e Occasional Table, come il nome stesso suggerisce, sono due pezzi di arredamento passepartout che ben si adattano sia agli interni domestici sia ai luoghi pubblici come uffici, hotel, sale d’attesa ecc.
In un momento in cui le abitazioni racchiudono in sé la doppia dimensione pubblica e privata, i designer e gli architetti di interni studiano soluzioni trasformabili e versatili che agevolano il passaggio dall’una all’altra nel modo più fluido possibile senza intoppi e frizioni e senza “cedimenti” estetici, quasi conducendo arredi e complementi a un livello superiore della loro scala evolutiva.
Alzi la mano chi non ha mai desiderato di poter schiacciare un pisolino sul posto di lavoro. Con questo progetto di Ines Kaag e Desiree Heiss di «Bless» – il concept store di culto di moda e design con sedi a Berlino e Parigi – non è dato sapere se il desiderio potrebbe prima o poi avverarsi ma, nel caso, fornisce un’ottima soluzione.
Workbed, infatti, unisce in sé sia una postazione di lavoro che di riposo. Con la semplice pressione di un pulsante, la scrivania si trasforma facilmente in un letto (le cui lenzuola sono progettate per restare saldamente attaccate quando è capovolto). Di fianco, un’utile mensola e un paio di cassetti forniscono lo spazio per sgombrare la scrivania prima di trasformarla in giaciglio.
E se forse immaginarlo su un posto di lavoro è un po’ troppo, di sicuro il Workbed potrebbe esprimere al meglio tutte le sue qualità e funzionalità negli appartamenti cittadini, spesso di dimensioni ridotte, dei giovani professionisti dell’ecosistema digitale.
Parole Chiave: arredo transformer, duplice funzionalità, due in uno, ottimizzazione dello spazio
Lo suggerisce il nome: Anfibio è un oggetto ibrido, un lavabo che si integra perfettamente in qualsiasi ambiente, sia esso domestico o professionale, come studi o uffici. Nato da un’idea di Matteo Ragni e prodotto da Azzurra Ceramica, Anfibio ha un’ampia vasca centrale con due gradoni laterali, dove è possibile appoggiare agevolmente bicchieri e tazzine per lo sgocciolamento dopo il lavaggio.
Nascosti alla vista, alcuni vani nella struttura posteriore consentono di stivare spugne, saponi, detersivi o tutto ciò di cui si ha necessità d’avere sempre a portata di mano. Una soluzione pratica ed elegante, che non solo risponde perfettamente alle necessità quotidiane di uso del lavabo ma le amplia seguendo i nuovi stili di vita.
Parole Chiave: hybrid, molteplicità d’uso, versatilità, arredo passpartout
1+1+1 è la risposta del designer di Singapore, con base a Parigi, Jiahao Liao al sempre più sentito bisogno di coniugare il poco spazio dei piccoli appartamenti metropolitani al desiderio di incontro e ospitalità.
Muovendo dalla tradizione cinese di epoca Ming e tenendo conto delle esigenze che caratterizzano gli stili di vita emergenti, Liao ha creato un oggetto modulare che sfrutta linee e angoli per poter assumere configurazioni diverse a seconda della necessità: sgabello, tavolino da caffè, sedia o qualsiasi altra cosa venga in mente a chi lo utilizzi. Lo “schienale” e i “braccioli” hanno tutti la stessa misura, il che rende facile immaginare e creare combinazioni diverse a seconda della fantasia e dell’uso.
Particolarmente utile nei piccoli spazi, 1+1+1 – le cui componenti sono tutte fatte a mano a Parigi, in legno di quercia – ha un approccio moderno non solo nel design minimale ma anche nella sua contemporanea visione di una funzionalità adatta ai più diversi utilizzi degli spazi abitativi.
Parole Chiave: modularità, geometria variabile, multifunzionalità, creatività d’uso
I tavoli, per quanto belli essi siano, hanno un problema: occupano spazio senza creare spazio. Al Matt Gagnon Studio hanno risolto il problema progettando il “Clark Table”, al contrario un “attivatore di spazio”. Ispirato ai lavori di incisione, taglio e perforazione degli edifici dell’“anarchitetto” Gordon Matta Clark (da cui il nome) il tavolo risponde a molteplici esigenze, sia che si tratti di lavorare, giocare o pranzare. Tutto rigorosamente in gruppo.
Il Clark Table ha una forma triangolare con gli angoli arrotondati, che fornisce ampio spazio a tutti gli occupanti favorendone l’interazione. Al centro, un portellone nasconde un portaoggetti o, all’occorrenza, uno spazio attraverso cui far scorrere i cavi d’alimentazione per notebook e tablet; mentre, tutt’intorno, una serie di vani-archivio consentono di riporre a portata di mano tutto ciò che può servire.
Il top è in quercia bianca impiallacciata mentre per la base è possibile scegliere fra legni e finiture diverse. Con le sue numerose funzioni e la sua eclettica adattabilità, il Clark Table rappresenta una soluzione perfetta sia per la casa che per gli spazi di lavoro.
Parole Chiave: estetica ibrida, ecletticità, space maker, casa-ufficio, sconfinamenti creativi
La Mappa dei Megatrend
InsideOut Home è il megatrend studiato da LivingScapes, la ricerca condotta dal Salone del Mobile.Milano Trend Lab – il nuovo laboratorio di ricerca e centro di intelligence del Salone del Mobile.Milano – per intercettare i principali trend che emergono a livello internazionale nel mondo del design, dell’arredo e dell’abitare.
Il Trend Lab del Salone del Mobile adotta una metodologia di ricerca di matrice etnografica basata sull’osservazione sul campo, combinando fonti field (un network di ricercatori/antropologi internazionali), desk e web, per cogliere i cambiamenti e le evoluzioni socioculturali in atto e il modo in cui queste si traducono e prendono forma, si manifestano nello spazio domestico.
Si avvale inoltre di un panel di Opinion Leader, nazionali e internazionali, selezionati ad hoc sia per attinenza con i temi della ricerca (design, architettura, interior designer, architettura d’interni) che per la capacità di adottare uno sguardo trasversale ai temi del progetto e della creatività. Il campo di osservazione abbraccia tutti i principali mercati internazionali (Europa, Russia, USA, Asia) con un focus sui paesi “emergenti” come la Cina.